giovedì 26 febbraio 2015

Il dramma della Diaspora ebraica nell’arte della memoria dell'Anmig barletta


L’ANMIG di Barletta candida Giuseppe Rubino a "Giusto tra le Nazioni"




 2 Febbraio 2015 
Scriviamo di una storia che non c'è più, parliamo di un ricordo che sarà eterno. Ma la storia siede nella stanza vuota delle nuove generazioni, nelle menti che apprenderanno il fenomeno della seconda guerra mondiale come passaggio e mai come cosa in sé. Auschwitz, periferia della città, il ferrone della porta tirato giù al salire dei tedeschi, Birkenau, biblioteche bruciate, Mauthausen, sala macchine delle navi sono solo alcuni dei luoghi attraversati dalla strage, che portano con loro l'olezzo di corpi in fiamme, della cenere, dell'annientamento umano. Una carrellata sinestesica nella pellicola di un documentario d'orrore, che oggi ha come autori quelli che riportano il passato al presente.

Ma non si tratta di un recupero archeologico delle macerie storiche, quanto piuttosto di una presa di coscienza che quel ieri non deve essere il domani. D'altronde, il presente è luogo di presentazioni fuggenti, quelle che non fanno mai ricordare il nome della persona presentataci. Ecco, ci sono uomini e donne i cui nomi, invece, non possono essere rimossi e l'ANMIG (Associazione nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra) di Barletta ha voluto introdurceli con fermezza. Uno di questi è l'autore di poesie e testi teatrali Francesco Paolo Dellaquila, il cui monologo co-recitato con Marina Dellaquila, ha fatto rivivere il quotidiano biografico della guerra: il silenzio della periferia barlettana, il lavoro di suo padre nella sala macchine della nave, la missiva di sua nonna, la processione dal Santuario alla Cattedrale e quel terrore del portalettere vacante. E ancora, navi incendiate, colonne di fumo tra cielo e mare infuocati e bombe come confetti. Poi, la scena immaginata ma reale di costole che spingono la pelle, di corpi che cadono come foglie per ovviare alla noia di tedeschi disboscatori; una scena dall'odore carnivoro e dal rumore agghiacciante delle urla torturate. D'improvviso, tutto svanisce nel gas della camera del pensiero; il pensiero sensibile e cosciente dell'uomo che ha la facoltà di percorrere la storia umana e di ricordare la storia universale. Ma soprattutto dell'uomo odierno che ha il dovere di giudicarsi, di dialogare con gli autori dissennati di quella disumanizzazione, avvenuta (allora) in virtù di un potenziamento della razza umana, quindi nel vizio (diremmo col senno di poi) di preservare una sedicente purezza dalla contaminazione dell'altro considerato inutile.

Barletta, in particolare, ha un motivo in più per ricordare e il monologo si chiude proprio con questa rimembranza: la mattina del 12 settembre, dopo aver dato alle fiamme la stazione ferroviaria di Barletta e ucciso quattro soldati tra quelli che erano di guardia, i tedeschi penetrarono nella Caserma dei vigili urbani, prelevarono undici vigili e due netturbini, li allinearono contro il muro laterale dell'ufficio postale e li ammazzarono. Ed è qui che si collocano altri nomi memorabili della presentazione passato-futuro:Francesco Paolo Falconetti fu l'unico a salvarsi nell'eccidio, perché si finse morto, e fu soccorso da due donne coraggiose, Addolorata Sardella e Lucia Corposanto.

Tuttavia, vedendo il suo spettro più ampio, la storia postuma ha messo in luce gli angeli che hanno barattato la loro vita con la salvezza degli altri: Giorgio Perlasca, salvatore di 5200 ungheresi di religione ebraica tra il 1944 e il '45 e Andrea Schivo, agente di custodia che procurò, tra il '43 e il '44, cibo e indumenti alle famiglie ebree detenute a San Vittore e in attesa di essere trasportate ad Auschwitz, sono i Giusti tra le Nazioni ricordati dall'ANMIG di Barletta, in collaborazione con il Comitato Tricolore Per Gli Italiani Nel Mondo, con il Patrocinio del comune di Barletta, l'Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria, Fondazione "Giorgio Perlasca" e l'Associazione Terra è Vita di Barletta. Ma, restringendo il cerchio, c'è un nome che spicca nell'antologia della giustezza umana e che, tuttavia, non gode ancora di titoli o riconoscimenti. Si tratta del commerciante barlettano Giuseppe Rubino, trasferitosi a Milano e, all'epoca dei fatti, sfollato a Bellaria per sfuggire ai bombardamenti. Rubino procurò il timbro falso della città di Barletta a un gruppo di ebrei provenienti dalla Jugoslavia in fuga dai tedeschi e rifugiatisi in un albero di Bellaria. Egli, con il maresciallo Osman Carugno (Giusto tra le Nazioni dal 1985) e l'albergatore Ezio Giorgetti (Giusto tra le Nazioni dal 1964) riuscì a salvare 38 persone, dopo aver procurato loro false carte d'identità. Ruggiero Graziano, Presidente ANMIG di Barletta, ha deposto formale richiesta al sindaco di Barletta, chiedendo di approfondire la ricerca sulla figura di Giuseppe Rubino per un giusto tributo della sua città natale, oltre ad un'eventuale equiparazione agli altri protagonisti del salvataggio di vite umane, dichiarati dallo Stato di Israele "Giusti tra le Nazioni".

Barletta non ha solo la medaglia d'oro al merito civile (riconosciuto l'8 maggio 1998), la medaglia d'oro al valor militare (assegnata il 7 luglio 2003 dal presidente Carlo Azeglio Ciampi) e il più grande progetto musicale della storia di tutti i tempi grazie al recupero del maestro barlettano Francesco Lotoro, ma potrebbe ulteriormente aumentare la sua portata etica con l'onorificenza di Giuseppe Rubino. Se il silenzio è responsabile, il suono è doveroso, sia che sia quello di una musica composta nel campo di concentramento, sia quello di un volume d'archivio sfogliato per ri-scrivere la memoria.

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