domenica 12 luglio 2015

In ricordo del Tenente Vitantonio Notarnicola



Alcune date sul calendario fanno tornare alla mente vicende che sembrano un po’ sbiadite dal tempo volato via inesorabile. Così capita di far riaffiorare storie che hanno coinvolto uomini di un passato nemmeno troppo lontano. L’occasione è data dai 70 anni della battaglia di Cheren (Eritrea), che di per sé può sembrare una delle tante battaglie della Seconda Guerra Mondiale in terra d’Africa, se non che essa ha visto come protagonista un nostro giovane concittadino dell’epoca. Ci riferiamo al Tenente Vitantonio Notarnicola che pagò con la vita la sua terribile esperienza bellica ed a cui Turi ha dedicato una strada. Egli, figlio di Giacomo e di Antonia Laterza, nacque a Putignano, paese della madre, il 15 marzo 1911 e crebbe nella masseria di famiglia in Contrada Sant’Angelo. Ebbe la capacità e la volontà, abbastanza rara per l’epoca, di arrivare a conseguire il diploma di ragioniere presso un istituto tecnico commerciale di Bari, alloggiando presso parenti e rientrando a casa ad ogni fine settimana. Questo titolo di studio gli permise di accedere all’Accademia Militare e di intraprendere la carriera di ufficiale dell’Esercito Regio. 



Inviato in Africa Orientale in occasione dell’avventura coloniale italiana in Etiopia, il 5 maggio 1937 venne insignito della Croce al Merito di Guerra con decreto ministeriale firmato da Benito Mussolini, all’epoca anche a capo del dicastero. Nello stesso anno il primo episodio bellico che lo vede protagonista. In Etiopia, entrata da poco a far parte dell’Impero italiano ma non completamente conquistata, bande di forze ribelli contrastavano la presenza territoriale italiana. Presso il villaggio di Rob Gheveà nella provincia del Goggiam, il 7 dicembre, le truppe italiane si scontrarono con i ribelli abissini preponderanti per numero e fu un combattimento cruento dove le perdite italiane furono notevoli (tant’è che alcuni storici militari l’hanno definita la “Little Big Horn” italiana, in ricordo del massacro dei soldati del Generale Custer da parte dei Sioux). Gran parte degli ascari, assoldati a supporto dei militari italiani, fuggirono di fronte ai partigiani etiopici. Sul campo caddero molti soldati italiani tra cui nove ufficiali[1] ed altri vennero fatti prigionieri e in seguito trucidati. Vitantonio, tenente di complemento del 36° Battaglione Coloniale, nel ripiegamento delle nostre truppe venne ferito ma continuò a combattere incitando i suoi uomini a tenere tenacemente ferma la loro posizione. Per questo motivo, con Regio Decreto del 19 febbraio 1940, venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Rientrato in patria per la convalescenza in seguito alle ferite subite, raccontò delle sue vicende africane, arricchite da numerose foto, una passione che coltivò anche durante l’esperienza coloniale. Appena ristabilitosi rientrò nei ranghi della fanteria e venne nuovamente inviato in Africa Orientale. 



Come Comandante della 4^ Compagnia del 97° Battaglione Coloniale si trovò a subire i rovesci dell’esercito italiano nelle lontane colonie africane, stavolta ad opera delle truppe inglesi e che partirono proprio dalla disfatta di Cheren. In occasione di questa terribile battaglia iniziata il 2 febbraio 1941, il suo Battaglione, assieme a due compagnie del III Btg. Bersaglieri, intervenne a sostegno dell’11 Rgt. Granatieri di Savoia e tenne testa agli inglesi in cruenti corpo a corpo. In uno di essi, alla testa del suo reparto, attaccò una munita posizione nemica sul Monte Sachit (detto “Nido d’aquila”) e venne colpito mortalmente mentre incitava i suoi uomini ad avanzare strenuamente. Non aveva compiuto nemmeno trent’anni, era il 6 febbraio 1941. A Cheren gli italiani riuscirono a resistere eroicamente fino al 27 marzo quando cedettero alla superiorità di uomini e mezzi da parte dei soldati di Sua Maestà. Iniziò così lo sgretolamento del giovane impero italiano. La salma del Tenente Notarnicola venne tumulata presso il Cimitero Militare di Cheren, posto 262. 



Successivamente la salma venne trasferita presso il nostro cimitero. Con Decreto del 13 dicembre 1948 al Tenente Vitantonio Notarnicola venne conferita, alla memoria, anche la Medaglia di Bronzo al valor militare. Memoria che riaffiora ancora oggi a distanza di 70 anni. Un doveroso ringraziamento lo si deve ai familiari del Tenente Notarnicola, prof. Pasquale Lerede e prof.ssa Liliana Carucci, ed alla prof.ssa Rosanna Palmisano che ci hanno permesso di ottenere alcune importanti fonti biografiche e fotografiche e all’amico Gabriele Zorzetto per i resoconti delle vicende belliche.



[1] A Rob Gheveà non caddero 9 ufficiali, ma ben 16: 9 furono solo quelli del 36°; altri 7 ne morirono del 6° arabo-somalo, mentre altri due, creduti morti (uno venne anche citato su una lapide ai caduti, a Bologna), furono invece presi prigionieri e sopravvissero, anche se in pessime condizioni.

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