venerdì 24 luglio 2015

Jesolo, alzabandiera per il bersagliere barlettano Giuseppe Carli


Per onorare la prima medaglia d'oro della Grande Guerra


Il "Comitato Madonna della Sfida" sulle rive del Piave, 21 giugno, onorava il ricordo di un eroe che da partendo da Barletta ha perso la vita per costruire un pezzo dell'Italia in cui oggi viviamo, il Bersagliere Giuseppe Carli, prima medaglia d'oro al valor militare della Grande Guerra.

Con il Patrocinio dei comuni di Jesolo e Barletta,in collaborazione con il Comitato Tricolore Per Gli Italiani Nel Mondo, il Museo Storico Militare "Casa del Bersagliere" di Jesolo, e la sezione di Barletta dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, si promuoveva nella città veneta l'alzabandiera in memoria del bersagliere barlettano Giuseppe Carli, alla presenza delle autoritò civili e militari del luogo, del segretario Generale del CTIM, On. Roberto Menia, dell'avv. Bruno Canella, del delegato CTIM Filomeno Porcelluzzi e del Segretario dell'Associazione Nazionale Polizia Penitenziaria di Venezia, Michele Di Noia. Alla cerimonia erano presenti, tra gli altri i pronipoti della medaglia d'oro, in particolare il Generale Gaetano Carli, bersagliere come il suo illustre parente.

Nell'occasione l'A.N.M.I.G. di Barletta, nella veste del presidente Ruggiero Graziano, e la famiglia Carli, donavano alla casa del bersagliere di Jesolo, foto d'epoca con motivazione della concessione della medaglia d'oro al valor militare del bersagliere Carli, e relativa medaglia. Anche il "Comitato Madonna della Sfida" faceva dono al museo di una foto dell'eroico bersagliere barlettano.

«Non dimentico quei vigili urbani massacrati»


Giuseppe Turi, testimone della strage nazista a Barletta


«Quei cadaveri li rivedo ancora oggi». Giuseppe Turi, 83 anni, è cittadino di Molfetta. Il 12 settembre 1943, data del massacro degli 11 vigili urbani e 2 netturbini fucilati il palazzo delle poste di Barletta, Giuseppe aveva 11 anni e viveva a Barletta, con sua nonna. Assieme a Ruggiero Graziano - presidente dell'ANMIG Barletta - andiamo a trovare il signor Turi a Molfetta, per ascoltare la sua testimonianza. A questa strage, si aggiungano altri 3 militari e 22 civili uccisi, 41 ciitadini feriti, ad opera dei paracadutisti tedeschi del "Fallschirmjager Reggiment", tra il 12 e il 29 settembre 1943, a Barletta.

Signor Turi, cosa faceva a Barletta, nel settembre del 1943?
«Vivevo a Barletta con mia sorella, presso la mia nonna paterna, Maria Antonia Magarelli, in via S. Lazzaro. Eravamo orfani di madre, mio padre era stato costretto ad emigrare in Argentina, a Buenos Aires. In quei giorni, andavo a bottega da un calzolaio, Giuseppe Gissi. L'8 settembre ci fu l'armistizio e festeggiammo tutti, ma il 12 settembre, tutto cambiò».

Cosa successe?
«Il 12 settembre, il calzolaio mi mandò a comprare il giornale in un edicola nei pressi di via Consalvo da Cordova. Mentre sfogliavo il giornale, sentii in cielo rombi di aerei, guardai in alto e riconobbi aerei militari. Ad un tratto, sentii un'esplosione provenire dal quartiere S. Giacomo. Mi diressi verso il corso, e vidi da lontano l'orologio di S. Giacomo centrato in pieno da un colpo di cannone. Rimasi a fissare l'orologio e dopo poco, vidi provenire da Corso Umberto un carro armato, seguito da soldati tedeschi. La gente scappava e si rifugiava in casa. Io non potevo tornare casa, avevo di fronte i soldati tedeschi. Feci un largo giro, spinto dalla curiosità. Mi diressi verso piazza Roma, udivo in lontananza alcuni spari ed esplosioni».

Dove si diresse?
«Mi diressi verso via G. De Nittis, le strade erano deserte, incontrai un ragazzo poco più grande di me, che mi disse:" Attento, ci sono i tedeschi in giro!". Ci rifugiammo in un portone su quella via (al civico 15, nda), mentre si udivano altri spari. Accanto al portone dove eravamo nascosti, c'era la caserma dei vigili urbani. Sentimmo partire uno sparo proprio dal portone della caserma. Ad un tratto, vedemmo arrivare un gruppo di paracadutisti tedeschi, che fecero irruzione nella caserma, facendo uscire con le mani alzate tutti i vigili urbani presenti all'interno. Mentre eravamo nascosti, vidi i paracadutisti tedeschi condurre i vigili a ridosso del muro del palazzo delle poste, alcuni di loro piangevano, altri, tra cui il vigile Falconetti (che conoscevo, in quanto era cliente del calzolaio dove lavoravo), mostrava loro delle carte, forse erano documenti di identità. I vigili cercavano di parlare coi soldati tedeschi, che urlavano solamente nella loro lingua, ricordo una parola "Schnell!". Non ci fu nulla da fare per quegli uomini».

Cosa vide?
«Vidi un paio di soldati che sistemavano una mitragliatrice a terra, con un treppiede, di fronte al muro del palazzo delle poste. Il gruppo di vigili urbani fu messo al muro. Uno dei vigili (Francesco Gazia - nda), si staccò dal gruppo e fuggì. Aveva in mano una bottiglia di latte, la sua fuga fu bloccata sul retro del palazzo della posta: fu colpito alle spalle dai colpi di pistola di un soldato tedesco. Intanto, la mitragliatrice faceva strage dei vigili urbani. Finita la mattanza, i soldati tedeschi se ne andarono, imboccando via F. D'Aragona».

Andati via i soldati tedeschi, lei cosa fece?
«Il ragazzo con cui mi ero nascosto, se l'era fatta sotto dalla paura, io mi avvicinai ai cadaveri. Al momento, non mi rendevo conto, mi sembrava la scena di un film, non dimentico quei vigili urbani massacrati, quei cadaveri li rivedo ancora oggi. Alcune persone si avvicinarono, comprese alcune donne, una di esse (Corposanto Lucia, nda), urlò:"C'è un uomo vivo, tra i morti!". Alcuni uomini, presero coraggio e spostarono i cadaveri, sotto i quali c'era un vigile urbano ferito (Francesco Paolo Falconetti, nda). Arrivò un carretto, che caricò i cadaveri e li portò via. Vedevo persone che si avvicinavano e parlavano tra di loro, ma non ascoltai i loro discorsi».

Signor Turi, riuscì a tornare a casa, in via s. Lazzaro?
«Si, certo. Mia nonna, non vedendomi tornare, si era preoccupata. Per punizione, fui picchiato da mio zio. Vicino casa mia, una donna (Francesca Ormas, nda) fu sparata al volto, mentre – nascosta nel portone di casa – osservava i soldati tedeschi lungo la strada. Le persone si rifugiavano in casa e i soldati sparavano nei portoni, per fare in modo che la gente non uscisse di casa. Qualche settimana dopo la strage, arrivarono gli alleati. Vedevo questi camion, colmi di soldati inglesi e americani, tra cui tanti soldati neri. Alcuni palazzi prestigiosi della città, furono requisiti dagli alleati e adibiti ad uffici militari».

Dopo la guerra, cosa fece?
«Fui mandato in seminario, presso la "Divina Provvidenza" di Don Pasquale Uva, a Bisceglie, dove ho studiato per 3 anni. Un giorno, il seminario fu chiuso e i seminaristi furono trasferiti. Sarei stato trasferito anch'io, ma intanto, mio padre, che lavorava come stuccatore a Buenos Aires, richiamò me e mia sorella, per raggiungerlo. Mio padre si era sposato nuovamente, e aveva avuto altri figli. Mia sorella partì per prima. Nel 1948, mi imbarcai da Genova, con la nave "Anna Costa", alla volta di Buenos Aires».

Come visse in Argentina?
«Arrivato a Buenos Aires, trovai un mondo nuovo. Andai a vivere nel quartiere "La Boca", di fronte lo stadio "La Bombonera", con mio padre, mia madre, i miei fratelli e mia sorella. Imparai alla svelta la lingua spagnola e seguii una scuola serale di tipografia, specializzandomi linotipista. In seguito, dopo un apprendistato presso la tipografia "Palumbo" - appartenente ad un emigrato molfettese della Boca - ho lavorato presso una grande casa editrice, la "Peuser", presso il quotidiano "Clarìn" e presso la Zecca di Stato argentina. Vivevo bene e guadagnavo bene. Mi sono sposato con Filomena Petruzzella, da cui ho avuto tre figli. Nel 1963, per motivi famigliari, siamo tornati a Molfetta, dove ho continuato a lavorare presso altre tipografie: "Rizzi – Delre" di Barletta e "Cressati" di Bari, fino alla pensione».

I vigili urbani trucidati il 12 settembre 1943 a Barletta
Delre Pasquale
Falconetti Antonio
Forte Michele
Gallo Luigi
Gazia Francesco
Guaglione Pasquale
Monteverde Cosimo
Paolillo vincenzo
Spera Michele
Torre Gioacchino

Netturbini trucidati:
Cassatella Nicola
Iurilli Luigi

Vigile urbano Superstite:
Falconetti Francesco Paolo


Si ringrazia per la collaborazione Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra) - sezione Barletta (via Capua, 28).

http://www.barlettaviva.it/notizie/non-dimentico-quei-vigili-urbani-massacrati/

martedì 14 luglio 2015

VITRANI RUGGIERO
fu Francesco e fu Fiorella Maria Carmela, da Barletta (Bari), capitano 82° Battaglione
Coloniale (Alla memoria).

Medaglia di Bronzo al Valor Militare
"Comandante di compagnia fucilieri, già distintosi in precedenti azioni, durante due giorni di aspri combattimenti, si lanciava a più riprese alla testa dei suoi uomini contro il nemico, che, sorpreso dall'audace e tempestiva azione, volgeva in fuga, lasciando sul terreno numero i morti. Inviato successivamente col suo reparto in rinforzo ad un battaglione duramente impegnato contro forze preponderanti, con slancio irresistibile e indomito coraggio, assaltava il nemico, superiore di numero
e in posizione dominante, ricacciandolo con gravi perdite, e· permettendo al battaglione di riassestarsi, e riprendere indisturbato il movimento". - Torrente Fettam-Stretta di Censa Micael (A.O.I.), 16-17 ottobre 1940-XIX. R.D. 21 giugno 1942-XX. B.U. 4 ° trim. 1942 pag. 8078.

Medaglia d'Argento al Valor Militare
"Ufficiale di alte virtù militari, animato da non comune ardimento, confermava in ogni contingenza di guerra il suo sereno sprezzo del pericolo. Durante un violento combattimento, alla testa di due compagnie, si lanciava contro munite posizioni avversarie, conquistandole a bombe a mano, mentre stava per giungere primo sull'ultima posizione avversaria, veniva ferito ad un fianco. Incurante del dolore proseguiva la propria azione e animati gli ascari con la parola e l'esempio, si lanciava in un violento assalto che aveva ragione dell'avversario. Cadeva fulminato da una pallottola in fronte, sulla posizione raggiunta, fulgido esempio di eroismo e di magnifiche doti militari". - Sardò Mesghì (Mescenti), Goggiam Settentrionale-A.O.I., 2 aprile 1941-XIX.
R.D. 21giugno1942-XX. B.U. 4° trim. 1942 pag. 8071.
SEVERINI MARIO
da Barletta (Bari), sergente maggiore del 4 ° Reggimento Fanteria Coloniale, 8° Battaglione Libico.

Croce al Valor MiJitare
"Sottufficiale di maggiorità, si prodigava volontariamente, otto intenso fuoco nemico nel servizio del rifornimento munizioni ai reparti di linea e nella trasmissione di ordini e di informazioni, dando prova di abnegazione e di sprezzo del pericolo". - Gianagobo Bicut, 15-19 aprile 1936. R.D. 6 agosto 1937. B.U. 2° quad. 1938 pag. 4087.
MUSTI RAFFAELE
da Barletta (Bari). tenente nel 3° Gruppo Bande Armate di Confine (Alla memoria).

Medaglia d'Argento al Valor Militare
"Con alto senso del dovere, alla testa di pochi fucilieri, si gettava su nuclei nemici nascosti in crepacci che erano causa di gravi perdite ai reparti e li annientava pagando con la vita il suo eroico comportamento''. - Hamanlei. I 1 novembre 1936. R.D. 7 maggio 1936. B.U. 2° sem. 1936 pag. 2963

MONTENERO RUGGIERO
da Barletta (Bari), maresciallo 2° Battaglione Eritreo.

Croce al Valor Militare
"Maresciallo addetto alla carovana del battaglione, in un momento di sosta del convoglio, saputo che il battaglione era fortemente impegnato, affidava temporaneamente ad altro sottufficiale il comando della carovana e raggiungeva quindi di sua iniziativa i reparti in linea per partecipare con essi al combattimento." - Beni Ulid, 27 dicembre 1923. R.D. 1° ottobre 1925, 2° sem. 1925 pag. 3016 .
MESSINA SABINO
di Gaetano e Marino Filomena, nato a Barletta (Bari), il 12 novembre 1915, soldato numero di matricola 49652, della 5a Brigata Coloniale, 5a compagnia Genio.

Croce al Valor Militare
"Radiotelegrafista, durante un combattimento, incurante del nutrito fuoco avversario, disimpegnò con calma, coraggio e serenità il suo servizio, assicurandone il regolare funzionamento per tutta la durata dell'azione." - Noarì, 23 maggio 1937-XV. R.D. 8 agosto 1938-XVI. B.U. 2° quad. 1939 pag. 2886.


MANUTI EZIO
di Francesco e fu Rizzi Francesca, da Barletta (Bari), classe 1913, tenente in s.p.e. del 71° Battaglione Mussulmani.

Medaglia di Bronzo al Valor Militare
"Dopo violento combattimento contro rilevanti forze nemiche, alla testa del reparto, si lanciava alla baionetta, infliggendo gravi perdite ai ribelli, che, terrorizzati, si davano alla fuga, abbandonando armi e munizioni". - Laibiet-Corrà (Marabetié), 5 novembre 1938. R.D. 3 giugno 1940. B.U. 3° trim.
1941 pag. -+787.

Tenente Fanteria s.p.e., 90° Battaglione Coloniale.

Medaglia d'Argento al Valor Militare
"Comandante di compagnia fucilieri guidava con slancio ed ardimento il proprio reparto all'attacco di forze preponderanti, sostenendo, per circa due ore, violenta ed aspra lotta. Forze che, infine, travolge-va in audace assalto e inseguiva infliggendo sensibili perdite. Comandante valoroso e capace". - A.O., gennaio 1941. D. 20 marzo 1950. B.U. 1° sem. 1950 pag. 1343.
LATTANZIO LUIGI
di Maffei Gaetana, da Barletta (Bari), classe 1910, sergente, 240° Battaglione della Difesa di Culqualber.

Croce al Valor Militare
"Comandante di squadra dislocata in un caposaldo, chiamato col suo plotone ad arginare l'avvenuta irruzione del nemico nella posizione, dava prova di eroismo, contrastando passo per passo il terreno al nemico". - Culqalber (A.O.), 21 novembre 1941. D.P. 16 ottobre 1952. B.U. 4° trim. 1952 pag, 4473.
GRAMMATICA VITO
di Pasquale, distretto di Barletta, classe 1916, tenente, 41 ° Battaglione Coloniale.

Croce al Valor Militare
"Ufficiale di battaglione coloniale, partecipava con elementi nazionali ad una azione di sorpresa su posizioni nemiche, dimostrando sprezzo del pericolo, decisione e coraggio". - Passo Falaga (A. O.), 4 maggio 1941. D.P. 1° dicembre 1952. B.U. I 0 trim. 1953 pag. 382.
D'ORONZO ANGELO
di Barletta (Bari). Sottotenente di Cavalleria di complemento del 1° Squadrone Cavalleria Coloniale.

Medaglia di Bronzo al Valor Militare
"Comandanre di plotone appiedato durante un combattimento contro formazioni ribelli, inviato di rinforzo ad altro plotone seriamente impegnato, alla testa dei suoi attaccava l'avversario su di un fianco, infliggendogli, dopo aspra lotta, gravi perdite, costringendolo alla fuga e disimpegnando così l'altro plotone''. - Torrente Fetagher, 25 giugno 1938. R.D. 22 aprile 1940. B.U. 2 trim. 1941 pag. 3993.

COLETTA RENATO
da Barletta (Bari), tenente s.p.e. del 5° Battaglione Coloniale.


Croce al Valor Militare

"Comandante di compagnia di fucilieri, attaccava arditamente una rilevante formazione nemica che minacciava un fianco del battaglione, costringendolo alla fuga." - Sahasit (Mens), 2 novembre 1938 R. D. 24 aprile 1941. B. U. 3° trim. 1941 pag. 5041


Tenente 74 ° Battaglione Coloniale. (Alla memoria).


Medaglia d'Oro al Valor Militare
"Comandante di compagnia, già distintosi in precedenti fatti d' arme, conduceva arditamente il proprio reparto all'assalto di munita posizione avversaria. Ferito da scheggia di granata, rifiutava qualsiasi cura, incitando i porta feriti a prodigarsi per gli ascari. Si lanciava poi, incurante di ogni rischio, alla testa della compagnia, contro i reticolati nemici, dove una raffica di mitragliatrice gli troncava il grido "Savoia" mentre si accingeva ad irrompere nella posizione nemica. Magnifico esempio di dedizione al dovere e di spirito di sacrificio." - Daharboruk (Africa Orientale), 11-12 agosto 1940. R. D. 29 novembre 1941. B. U. 1° trim. 1942 pag. 1269

lunedì 13 luglio 2015

Si inizia con questa cartella il resoconto in ordine alfabetico dei nostri concittadini che sono stati insigniti di una onorificenza per i combattimenti in Africa (Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia) e che fecero parte dei reparti indigeni.
Un piccolo tributo al loro attaccamento al dovere, spesso fino ad immolare la loro vita sul campo dell'onore.

Fonte: Albo d'Oro dei decorati del Nastro Azzurro per la provincia di Bari

BINETTI COSIMO

fu Michele e fu D'Ascoli Grazia, nato a Barletta (Bari) il 2 gennaio 1906, sergente maggiore nel Battaglione Carri Assalto dell'Harar, matricola numero 40324.

Medaglia d'Argento al Valor Militare.
"Sottufficiale capo carro, partecipava a numerosi combattimenti svoltisi sul fronte somalo e nel Hararino, dimostrando in ogni frangente spiccate qualità di combattente e trascinatore di uomini. Duramente provato nel combattimento di Hamanlei e dopo aver partecipato all'aspro combattimento e all'inseguimento del nemico in fuga, di ritorno, visto due blindo impantanate nell'uadi Fafan, con estremo sprezzo del pericolo ed alto senso di cameratismo, riusciva dopo inauditi sforzi a trarne una in salvo, nonostante venisse fatto segno a vivo fuoco. Volontariamente e ripetute volte assumeva il comando di una mezza sezione autoblindo, riuscendo sempre ad assolvere brillantemente i compiti affidatigli, contribuendo efficacemente alla riuscita delle azioni. Magnifico esempio di alte virtù militari e di sprezzo del pericolo." Hamalei, 11 novembre 1935-Collubi, 14-20 agosto 1936. Langhei, 17 settembre 1936. R.D. 4 aprile 1940 B.U. 1° trim. 1941 pag. 2073.

Croce al Valor Militare
"Sottufficiale di contabilità si offriva volontario per eseguire ricognizioni in zona infestata da ribelli dimostrando capacità e coraggio. Durante più attacchi, noncurante del fuoco nemico, usciva spesso dalla propria autoblinda per meglio individuare gli obiettivi che poi abbatteva efficacemente, contribuendo al felice esito dell'azione."
Collubi, 14-15 agosto 1936-XIV. R.D. 11 ottobre 1938-XVIl. B.U. 2° quad. l 939 pag. 2392.

domenica 12 luglio 2015

In ricordo del Tenente Vitantonio Notarnicola



Alcune date sul calendario fanno tornare alla mente vicende che sembrano un po’ sbiadite dal tempo volato via inesorabile. Così capita di far riaffiorare storie che hanno coinvolto uomini di un passato nemmeno troppo lontano. L’occasione è data dai 70 anni della battaglia di Cheren (Eritrea), che di per sé può sembrare una delle tante battaglie della Seconda Guerra Mondiale in terra d’Africa, se non che essa ha visto come protagonista un nostro giovane concittadino dell’epoca. Ci riferiamo al Tenente Vitantonio Notarnicola che pagò con la vita la sua terribile esperienza bellica ed a cui Turi ha dedicato una strada. Egli, figlio di Giacomo e di Antonia Laterza, nacque a Putignano, paese della madre, il 15 marzo 1911 e crebbe nella masseria di famiglia in Contrada Sant’Angelo. Ebbe la capacità e la volontà, abbastanza rara per l’epoca, di arrivare a conseguire il diploma di ragioniere presso un istituto tecnico commerciale di Bari, alloggiando presso parenti e rientrando a casa ad ogni fine settimana. Questo titolo di studio gli permise di accedere all’Accademia Militare e di intraprendere la carriera di ufficiale dell’Esercito Regio. 



Inviato in Africa Orientale in occasione dell’avventura coloniale italiana in Etiopia, il 5 maggio 1937 venne insignito della Croce al Merito di Guerra con decreto ministeriale firmato da Benito Mussolini, all’epoca anche a capo del dicastero. Nello stesso anno il primo episodio bellico che lo vede protagonista. In Etiopia, entrata da poco a far parte dell’Impero italiano ma non completamente conquistata, bande di forze ribelli contrastavano la presenza territoriale italiana. Presso il villaggio di Rob Gheveà nella provincia del Goggiam, il 7 dicembre, le truppe italiane si scontrarono con i ribelli abissini preponderanti per numero e fu un combattimento cruento dove le perdite italiane furono notevoli (tant’è che alcuni storici militari l’hanno definita la “Little Big Horn” italiana, in ricordo del massacro dei soldati del Generale Custer da parte dei Sioux). Gran parte degli ascari, assoldati a supporto dei militari italiani, fuggirono di fronte ai partigiani etiopici. Sul campo caddero molti soldati italiani tra cui nove ufficiali[1] ed altri vennero fatti prigionieri e in seguito trucidati. Vitantonio, tenente di complemento del 36° Battaglione Coloniale, nel ripiegamento delle nostre truppe venne ferito ma continuò a combattere incitando i suoi uomini a tenere tenacemente ferma la loro posizione. Per questo motivo, con Regio Decreto del 19 febbraio 1940, venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare. Rientrato in patria per la convalescenza in seguito alle ferite subite, raccontò delle sue vicende africane, arricchite da numerose foto, una passione che coltivò anche durante l’esperienza coloniale. Appena ristabilitosi rientrò nei ranghi della fanteria e venne nuovamente inviato in Africa Orientale. 



Come Comandante della 4^ Compagnia del 97° Battaglione Coloniale si trovò a subire i rovesci dell’esercito italiano nelle lontane colonie africane, stavolta ad opera delle truppe inglesi e che partirono proprio dalla disfatta di Cheren. In occasione di questa terribile battaglia iniziata il 2 febbraio 1941, il suo Battaglione, assieme a due compagnie del III Btg. Bersaglieri, intervenne a sostegno dell’11 Rgt. Granatieri di Savoia e tenne testa agli inglesi in cruenti corpo a corpo. In uno di essi, alla testa del suo reparto, attaccò una munita posizione nemica sul Monte Sachit (detto “Nido d’aquila”) e venne colpito mortalmente mentre incitava i suoi uomini ad avanzare strenuamente. Non aveva compiuto nemmeno trent’anni, era il 6 febbraio 1941. A Cheren gli italiani riuscirono a resistere eroicamente fino al 27 marzo quando cedettero alla superiorità di uomini e mezzi da parte dei soldati di Sua Maestà. Iniziò così lo sgretolamento del giovane impero italiano. La salma del Tenente Notarnicola venne tumulata presso il Cimitero Militare di Cheren, posto 262. 



Successivamente la salma venne trasferita presso il nostro cimitero. Con Decreto del 13 dicembre 1948 al Tenente Vitantonio Notarnicola venne conferita, alla memoria, anche la Medaglia di Bronzo al valor militare. Memoria che riaffiora ancora oggi a distanza di 70 anni. Un doveroso ringraziamento lo si deve ai familiari del Tenente Notarnicola, prof. Pasquale Lerede e prof.ssa Liliana Carucci, ed alla prof.ssa Rosanna Palmisano che ci hanno permesso di ottenere alcune importanti fonti biografiche e fotografiche e all’amico Gabriele Zorzetto per i resoconti delle vicende belliche.



[1] A Rob Gheveà non caddero 9 ufficiali, ma ben 16: 9 furono solo quelli del 36°; altri 7 ne morirono del 6° arabo-somalo, mentre altri due, creduti morti (uno venne anche citato su una lapide ai caduti, a Bologna), furono invece presi prigionieri e sopravvissero, anche se in pessime condizioni.
In ricordo del ten. Giuseppe Colapietro Medaglia d'Oro al Valor Militare




Giuseppe Nicola Colapietro, primo di cinque figli, nacque a Turi il 4/12/1895 da Vito Lorenzo Colapietro, intonachista, e da Maria Arrè donna religiosissima. Apparentemente delicato, snello, agile, volitivo, tenace, aveva una insospettata fibra di resistenza eccezionale, incurante del pericolo, quasi temerario. Grandi erano le sue doti per cui, se fosse vissuto ancora, certamente sarebbe salito molto in alto.
Conseguì la licenza in Ragioneria e Commercio, dopo il diploma di insegnante elementare, e si iscrisse all’Università Bocconi di Milano.
Da giovane mostrò indole buona, grande forza di volontà, tenacia ammirevole, fervido attaccamento agli studi, forte proposito di crearsi presto un avvenire indipendente e dignitoso.
Volle sempre un gran bene ai genitori, ai fratelli e alle sorelle. Avrebbe voluto essere ufficiale di Aeronautica. Sognava epiche gesta. La madre intravvedendo nuovi e più numerosi pericoli, lo dissuase. Egli pur fortemente contrariato, per farla felice, rinunziò all’ideale che in quel momento era in cima ai suoi pensieri. Amava moltissimo la sua città natale, Turi, e amava immensamente l’Italia e per essa dette tutto, anche la vita.
Non aveva ancora venti anni quando indossò, da volontario, la divisa militare in qualità di ufficiale di complemento presso la Scuola militare di Modena , nonostante che all’ultima visita medica volevano dichiararli rivedibile.
Nominato aspirante ufficiale nel marzo 1916, ricevette il battesimo del fuoco col 139° Reggimento Fanteria sul Carso.  Si distinse sulla Bainsizza e nel Trentino.
Nell'agosto del 1916 partì col Corpo Interralleato in Macedonia, rinnovando le non poche azioni di rischio e di valore. Negli aspri combattimenti di Monastir, fu sempre tra i primi ed ebbe la croce al merito di Guerra.
Rimpatriato in Italia per frequentare un corso di aeronautica, chiese ed ottenne dopo qualche mese di ritornare in territorio dichiarato in stato di guerra. Ottenne di essere assegnato al 3° Reparto d'assalto, col quale partecipò a tutte le lotte, da Caporetto a Vittorio Veneto.
Nel 1922, già tenente di complemento, venne nominato tenente in servizio permanente effettivo e, subito dopo, dal 1923 al 1926, fu al comando di truppe indigene, prendendo parte nella primavera del 1924, sempre
con lo stesso eroismo a 35 dei 40 combattimenti svoltisi sull'Altipiano Cirenaico.
Fu cosi proposto per la Medaglia di Bronzo al Valor Militare, sul campo, dopo le battaglie di El Buerat e di Gasr Fonat.
Nel 1928 fu in Eritrea con X Battaglione Eritreo e poi passò in Libia, comandante del 3° plotone del 4° Gruppo Sahariano, alle dipendenze di S.A.R. Amedeo di Savoia Aosta, sino al 1931.
Per la competenza dimostrata e per le continue prove di slancio e di eroismo nei duri cimenti del Fezzan, meritò la Medaglia d'Argento al Valor Militare, mentre il Ministero delle Colonie gli conferì un'altra Croce al merito di Guerra.
Chiese ed ottenne di partecipare alla guerra di Etiopia. Sbarcato a Mogadiscio, pur potendo rimanere ad addestrare le truppe,chiese di andare in linea al comando degli indigeni. Venne proposto per la Croce di Guerra al Valor Militare per la foga e la perizia dimostrata nello snidare, durante 48 ore di fuoco, i nemici dalle caverne con il lancio di bombe a mano e precisi tiri delle proprie mitragliatrici, nell’aspra battaglia sul Ganale Doria.
Prese parte all’eroica avanzata su Neghelli e nella epica battaglia di Monte Dunun, alla testa del IX Battaglione Arabo Somalo, si battè leoninamente contro soverchianti forze nemiche, bene agguerrite e comandate da Gabriè Mariàm, rimanendo sul campo, colpito al petto, in un combattimento che il generale Annibale Bergonzoli chiama uno dei più duri che abbia sostenuto in tre campagne.
Sempre, insieme al coraggio, unì il sentimento dell'amicizia, dell'altruismo, della modestia. Nella primavera del 1924, ad esempio, in un fortino italiano nel Fezzan, si battè coraggiosamente e segnalò ai suoi superiori gerarchici che il merito era di un suo subalterno, che non aveva partecipato a quella operazione. Faceva questo per ottenere un maggiore affiatamento tra i suoi ufficiali ed un impegno a battersi alla prima occasione, seguendo il suo esempio.

Ecco in breve il suo stato di servizio:

  • Tre campagne della Grande Guerra.
  • Due campagne della guerra Italo -Turca.
  • Decorato di tutte le medaglie decorative dell'una e dell'altra.
  • Decorato della Croce al Merito di Guerra.
  • Encomiato perché «ha partecipato col X battaglione eritreo alle operazioni nel Gebel Anaghir per lo svolgimento delle quali il reparto è stato solennemente encomiato da S. E. il Governatore della Cirenaica con la seguente motivazione: “In un breve ma faticoso ciclo di operazioni con i ribelli della zona di Gebel Anaghir, dava prova di magnifico valore, infliggendo una grave sanguinosa sconfitta ai ribelli ed ottenendo con gli altri reparti che concorsero all’azione, un successo quanto mai brillantee fecondo di risultati”»
  • Encomiato perché: «Comandante di plotone sahariano, incaricato di proteggere un lontano abitato dalla incursione di una mehalla ribelle, assolveva il suo compito, coprendo in meno di 30 ore 130 chilometri. Avuta notizia che un altro reparto, dello stesso gruppo sahariano inseguiva da presso la mehalla, disponendo di forze a queste inferiori, con lodevole spirito di cameratismo, riprendeva subito la marcia per portare il suo valido contributo che sarebbe stato senz’altro prezioso e decisivo, se le sorti del combattimento non fossero state rapidamente favorevoli, come furono».
  • Decorato della Medaglia di Bronzo al Valor Militare, 13 gennaio 1930.
  • Decorato della Medaglia di Argento al Valor Militare, in commutazione della medaglia di bronzo, con la seguente motivazione: «In due aspri combattimenti, guidando con perizia e trascinando con l’esempio del suo mirabile ardimento il proprio plotone meharisti all’attacco di agguerrite e numerose forze nemiche, ne infrangeva la resistenza e le volgeva in fuga, contribuendo così a due importanti e proficue vittorie. Sciueref Unn el Kel (Tripolitania), 25/5/1929».
  • Decorato della Croce al Merito di Guerra per operazioni guerresche nella colonia, 10/12/1934.

La sera del 18 maggio 1936 nella cappella presso l’ospedale da campo di Neghelli egli partecipò con il generale Bergonzoli alla Santa Messa e fece la Santa Comunione.
La mattina del 19 maggio, di buon ora partì alla testa dell’XI battaglione arabo-somalo. Gli abissini erano insediati in un sistema cavernoso a ferro di cavallo, con piazzamenti di mitragliatrici pesanti. Ricevuto l’ordine dal gen. Bergonzoli di addentrarsi, nonostante l’incrociato sbarramento di fuoco, avanzò disponendo la 1a compagnia a raggiera, mentre la cavalleria nemica tentava di circondarli. Alle 10,15, caduti tutti gli ufficiali della 1a compagnia, vistosi scoperti ambedue i fianchi ed avanzato sulla destra, a circa 10 metri da un termitaio, andò oltre con il 2° plotone comandato dal maresciallo (iusbasci) somalo Mohamed Assan, portandosi sulla trincea nemica per espugnarla con getto di bombe a mano. Rimasto con 12 uomini, si portò solo sulle mitragliatrici prossime ad essere prese dal nemico. Colpito una prima volta da una pallottola nemica, al fianco destro, al maresciallo (iusbasci) somalo che accorse a soccorrerlo e che cercava di metterlo in salvo, non volendo retrocedere, disse: “Mohamed ! Mohamed tu avere paura ! Io andare avanti !” Incurante del dolore, con supremo eroismo, mentre in piedi lanciava altre bombe a mano, veniva nuovamente colpito in pieno petto. Sul campo gli fu conferita la medaglia d’oro con la seguente motivazione:
“Chiesto ed ottenuto, col suo reparto, il posto d’onore, con ardito animo e con grande sprezzo del pericolo, guidava la sua compagnia all’assalto di posizioni avversarie. Stretto da preponderanti forze nemiche, e benchè ferito, non desisteva dalla lotta. Nuovamente e mortalmente colpito, mentre con slancio ritentava l’assalto, lasciava eroicamente la vita sul campo. Monte Dunun (Neghelli), 19/5/1936”.
Undici giorni dopo la morte del cap. Colapietro, i tenenti Lombardi e Gallina con lo iusbasci Mohamed Assan andarono a cercare la salma dietro un cespuglio, ove quest’ultimo lo aveva nascosto, durante la battaglia. Trovarono solo alcune ossa ed un biglietto dal quale risultava che era appartenuto alla 1a compagnia del IX battaglione arabo-somalo. Il cadavere era stato spogliato e depredato dal nemico e divorato dalle iene. I pochi resti furono ricomposti in un’urna.
A Turi fu dedicata a lui la piazza che è dinnanzi all’ingresso del palazzo marche sale, vicino Porta Nuova e fu murata una lapide sulla facciata del palazzo municipale che dice così:
IL CAPITANO – GIUSEPPE COLAPIETRO – ARDITO NELLA GUERRA MONDIALE – VALOROSO NELL’AZIONE DEL FEZZAN – VOLONTARIO NELL’IMPRESA ETIOPICA – CON LA VISIONE DI UNA FORTE ITALIA IMPERIALE – NEL COMBATTIMENTO DI MONTE DUNUN – IL 19 MAGGIO 1936 – EROICAMENTE CADDE – FULGIDO ESEMPIO AI SUOI ARABO-SOMALI – ONORE DELLA CITTA’ NATALE – INCITAMENTO ALLE FUTURE GENERAZIONI – PERCHE’ SENTANO – COME LUI – IL CULTO DELLA PATRIA – LO SPIRITO DI SCARIFICIO – L’ARDENTE FEDE NEL NOSTRO AVVENIRE – TURI MAGGIO 1937.


La città di Bari lo ricorda con una via intestata a suo nome ed annoverandolo fra i nomi delle Medaglie d’Oro della terra di Bari incisi sulla lapide apposta al palazzo di città, sulla facciata del Teatro Piccinni.
A Neghelli, sulla sua tomba, vi è una lapide con la seguente epigrafe:
Medaglia d’Oro – sul campo – capitano in S.P.E. – Colapietro Giuseppe – nato in Turi (Bari) il 4-XII-1895 – volontario – nella guerra etiopica – nel IX battaglione arabo-somalo – caduto – a Monte Dunun il 19-5-1936 – già Ardito – nella Grande Guerra – decorato di medaglia di argento – nel Fezzan.

Il suo battaglione volle consacrare al suo nome un fortino, costruito in una delle sue zone di operazione. Il 4-I-1938 in forma solenne ed austera vi fu la posa e benedizione di una croce di legno, sul posto ove a Monte Dunun la medaglia d’Oro Giuseppe Colapietro spirava. Fra gli altri ufficiali era presente il tenente Domenico Colapietro, fratello dell’Eroe. Il tenente Roberto Orlandini compose in quella occasione una poesia, in cui dopo aver descritto la battaglia e l’epica morte, canta:
… Chi per la Patria cadde
non visse inutilmente.
Umile croce sta, fra tanti spini
nudi a Dunun…
Pietose mani posero, in un sacro rito d’amore !
Mute lagrime scesero dal volto
del tuo fratello e dissero
l’immenso tuo dolore
Mute lagrime scesero a bagnare
questa tua terra, o Eroe, santificata
dal tuo martirio !
Tutto ora tace in un’immensa
gloria di luce !
Dardeggia il sole in alto, ed il tuo spirito
o Colapietro,
invisibile vive eternamente
come una fiamma, eternamente accesa…





 Disegno del fortino dedicato al ten. Colapietro




mercoledì 17 giugno 2015

A mia madre

Vorrei darti tanti nomi belli,
ma il più bello te l'ho dato:
Mamma!
Vorrei dirti tante cose care,
ma so dirti solamente;
Mamma!

domenica 14 giugno 2015

Nicola Straniero e Michele Tetta, vite in guerra

Giovani barlettani sul fronte della prima guerra mondiale






Dove sono finiti quei ragazzi? 569 giovani barlettani persero la vita durante la prima guerra mondiale. Di questi, 272 caddero in battaglia, 205 morirono a causa di malattie o ferite, 92 furono i dispersi.

Nicola Giovanni Straniero nasce a Barletta il 9 maggio 1896. Arruolato in fanteria, fu sottotenente del 82° Reggimento della Brigata "Torino". Il giovane Nicola partecipa con la sua brigata alla battaglia del Monte Sief (Belluno). Primo obiettivo dell'attacco sono la vetta del Col di Lana ed il monte Gratweg, successivamente la conquista del monte Sief, che avrebbe provocato la caduta della Rothschanze. Il ruolo dell'artiglieria era limitato all'interruzione dei collegamenti telefonici e della teleferica. L'operazione si svolse in una notte di luna piena, per garantire la visibilità sufficiente alla successiva difesa della posizione conquistata.

All'attacco parteciparono:
- 82° Reggimento Fanteria della Brigata Torino
- Battaglione del 59° Reggimento di fanteria costituito da 3 compagnie di 150 uomini, una sezione mitragliatrici.
- 8a compagnia Zappatori.
- La 12a compagnia minatori al comando del tenente Maggio.
- Due plotoni della 65a compagnia Zappatori.

Per facilitare l'attacco, vengono scavati cunicoli, gallerie e camminamenti. Le compagnie d'attacco dovevano star pronte nelle gallerie. Dopo l'esplosione, le coperture delle gallerie dovevano essere fatte saltare per fare uscire le compagnie e i soldati del genio. Una compagnia con pattuglie tagliafili, utili a superare i reticolati di filo spinato, è coperta a destra da un cannone da 42 mm che impedisce alle mitragliatrici austriache di sparare. Era stato esplicitamente richiesto che non venissero fatti prigionieri se non quelli strettamente necessari per gli interrogatori e per le intercettazioni telefoniche. Dopo la conquista della vetta, una sezione di cannoni da montagna furono posti sulla cima, allo scopo di interdire la Rothschanze ed il monte Sief. Il comando della 18° Divisione ritiene anche utile premere sul fianco ovest del Col di Lana e far cadere tutta la linea Sief - Settsass. A tale scopo furono destinati i Reggimenti di fanteria. Dal 6 al 16 aprile l'artiglieria italiana bombarda le posizioni austriache con tutti i pezzi della 18° Divisione e della 17° Divisione, per un totale di circa 90 pezzi, tra batterie da 149 mm, cannoni da campagna, mortai da 210 mm.

Alla Brigata Torino, in particolare agli 81° e 82° Reggimenti di Fanteria, venne richiesto di impegnare con pattuglie il fronte Col di Lana - Sief - Settsass. Il 16 maggio 1916, Nicola Straniero è al comando del plotone di coda della sua compagnia. Ricevuto l'ordine di ripiegare su una posizione retrostante, si ritira per ultimo, esponendosi al fuoco avversario, ma riuscendo ad evitare l'inseguimento degli avversari e ulteriori perdite tra i suoi commilitoni, fino a quando viene colpito a morte. Nicola straniero aveva 20 anni e fu decorato con la Medaglia D'argento alla memoria e seppellito nel cimitero di Barletta. Il comune di Barletta ha dedicato a Nicola Giovanni Straniero l'omonima via.

Michele Tetta nasce a Barletta nel 1899, è arruolato nel 69° Fanteria della Brigata "Ancona". La Brigata "Ancona", alla fine di gennaio 1918, si trasferisce in prima linea sul tratto del Monte Valbella, rimanendovi fino al 24 marzo, per un periodo di esercitazioni quando in previsione dell'offensiva avversaria, nelle notti tra il 3 e 4 giugno, si sposta nei pressi di Mestre. Il mattino del 15 giugno, ha inizio l'attacco avversario e il 17 giugno la Brigata si riunisce tra Monastier (Treviso) e Rovaè, per attaccare. La sera del 17 giugno i reparti avanzano, nonostante gli attacchi avversari sui fianchi. Nelle giornate del 19 e 20 la lotta continua, tra attacchi e contrattacchi. In uno di questi contrattacchi, Michele Tetta, lanciandosi verso soldati avversari - nascosti dietro un gruppo di case - è colpito a morte, mentre i suoi commilitoni avanzano. Il 22 giugno gli austriaci iniziano la ritirata dal fronte del Piave. La battaglia di Monastier costerà alla Brigata Ancona, in quei pochi giorni, la perdita di oltre 1000 soldati e 52 ufficiali. Il soldato Michele tetta fu decorato con la Medaglia d' Argento al valor Militare.

Si ringrazia per la collaborazione Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra) - sezione Barletta (via Capua, 28).

venerdì 5 giugno 2015

Al Liceo Scientifico "Cafiero": «Studiare il primo conflitto mondiale per costruire la pace»

La Grande Guerra, una giornata di rievocazione per gli studenti




"La leggenda del Piave" cantata da un coro di studenti, letture e proiezioni di video realizzati dai ragazzi hanno scandito vari momenti di una manifestazione svoltasi il giorno 3 giugno presso il Liceo Scientifico "Carlo Cafiero", in occasione del centenario della Grande Guerra, alla presenza del sindaco Pasquale Cascella e della Società Storia Patria.

L'evento, organizzato a ridosso del 2 giugno per richiamare la tradizione repubblicana del nostro Paese, si pone a conclusione di un progetto in sintonia con quello realizzato a livello nazionale, allo scopo di rievocare l'ingresso in guerra dell'Italia, avvenuto il 24 maggio 1915. «È importante rievocare questo momento storico - ha dichiarato il preside Luciano Gigante - anche se molti hanno qualcosa da obbiettare. Secondo molti storici la Prima Guerra Mondiale è la conclusione del Risorgimento italiano: fa parte della nostra storia».

Un video realizzato dagli alunni ha inoltre messo in luce il ruolo giocato dalla nostra città durante il conflitto, permettendo di riportare alla memoria dei presenti personaggi come Giuseppe Carli, medaglia d'oro al valor militare, e di rispolverare la storia del Monumento ai Caduti e della Brigata Barletta. Gli alunni, appartenenti a quasi tutte le classi dell'istituto, sono stati guidati durante l'anno dai loro docenti e coordinati dalla professoressa Valente, responsabile del progetto, la quale ha affermato: «Siamo ben lontani dal celebrare questa drammatica pagina della storia. Abbiamo studiato la Grande guerra per costruire la pace nelle coscienze dei ragazzi».

giovedì 4 giugno 2015

Giuseppe Carli e il suo sacrificio per la patria: il valore di un barlettano

Ieri la cerimonia commemorativa nell'ora esatta della sua morte




Lo scorso pomeriggio, in occasione del centenario dalla morte del sergente barlettano Giuseppe Carli, prima medaglia d'oro al valor militare della Grande Guerra, si è svolta la cerimonia commemorativa alle 17:45, ora esatta del decesso del giovane diciannovenne e valoroso barlettano, presso i giardini comunali di Viale Giannone in cui il cippo in suo onore commemora l'eroe barlettano.

L'incipit della cerimonia è stato il penetrante suono del silenzio, dolcemente messo in musica da un trombettiere. L'atmosfera malinconica ma orgogliosa ha accompagnato tutta la cerimonia, durante la quale l'artista barlettana Anna Maria Dellaquila ha letto due scritti ed una poesia inerenti la Grande Guerra, suscitando grande emozione in una commuovente trasposizione di quegli attimi fatali. La solenne cerimonia è poi proseguita con la deposizione della corona d'alloro sul cippo del valoroso Giuseppe Carli, figlio di Barletta, per mano del vice sindaco Annetta Francabandiera e dal consigliere comunale Dario Damiani.

L'evento, organizzato dall'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, sezione Carli Barletta, è riuscita in pochi ma intensi minuti a trasmettere il valore del sacrificio per la patria, profuso dal nostro concittadino quel 1° giugno 1915 quando spirò per difendere l'Italia tutta. In seguito alla deposizione della corona d'alloro, Don Vito Carpentiere ha benedetto il monumento, mentre Ruggiero Graziano, presidente dell'Anmig, sezione di Barletta, ha esortato gli astanti ad unirsi in coro cantando l'inno nazionale di Mameli, Fratelli d'Italia.

La cerimonia è poi proseguita presso la sede dell'Associazione Anmig, dove il giovane Gaetano Carli ha letto versi di una poesia di guerra in onore del suo antenato. Nelle sale dell'Anmig ha luogo in questi giorni l'importantissima mostra sui cimeli di guerra: elmetti, armi, capelli e documenti ricordano alla cittadinanza l'importante contributo di chi decise di sacrificare la propria vita offrendosi valoroso per l'Italia e per gli italiani.

Omaggio a Giuseppe Carli, prima medaglia d’oro della Grande Guerra

Sarà deposta oggi pomeriggio una corona nei giardini De Nittis




"Non ho potuto scrivere prima perché sin dalla settimana scorsa siamo stati a lavorare sui monti a fare le trince e le strade di comunicazione perché questa povera regione era ed è ancora priva di strade. Essendo stati in montagna, alla mensa non abbiamo più potuto convivere e perciò abbiamo dovuto mangiare con quelle 2 lire che ci danno di paga. Figurati, non avanzava nemmeno un soldo e non si era mai soddisfatti perché i viveri vanno molto cari".

Così scriveva il 14 maggio 1915 dal fronte il sergente barlettano Giuseppe Carli, prima medaglia d'oro al valor militare della Grande Guerra, pochi giorni prima di essere ucciso, appena diciannovenne, il 1° giugno dello stesso anno, sul monte Mrzlivrk, Slovenia. In occasione del centenario della sua morte,oggi alle 17.45, sarà deposta una corona dinanzi al busto che lo ricorda, collocato nei giardini De Nittis in viale Giannone. Il momento commemorativo, organizzato in collaborazione con la sezione locale dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, si concluderà con la benedizione di don Vito Carpentiere e la lettura di un brano ispirato ai valori di pace, libertà e democrazia a cura di Anna Maria Dellaquila.

http://www.barlettaviva.it/notizie/omaggio-a-giuseppe-carli-prima-medaglia-d-oro-della-grande-guerra/