In ricordo del Tenente Vitantonio Notarnicola
Alcune date sul calendario fanno tornare alla mente
vicende che sembrano un po’ sbiadite dal tempo volato via inesorabile. Così
capita di far riaffiorare storie che hanno coinvolto uomini di un passato
nemmeno troppo lontano. L’occasione è data dai 70 anni della battaglia di
Cheren (Eritrea), che di per sé può sembrare una delle tante battaglie della
Seconda Guerra Mondiale in terra d’Africa, se non che essa ha visto come
protagonista un nostro giovane concittadino dell’epoca. Ci riferiamo al Tenente
Vitantonio Notarnicola che pagò con la vita la sua terribile esperienza bellica
ed a cui Turi ha dedicato una strada. Egli, figlio di Giacomo e di Antonia
Laterza, nacque a Putignano, paese della madre, il 15 marzo 1911 e crebbe nella
masseria di famiglia in Contrada Sant’Angelo. Ebbe la capacità e la volontà,
abbastanza rara per l’epoca, di arrivare a conseguire il diploma di ragioniere
presso un istituto tecnico commerciale di Bari, alloggiando presso parenti e rientrando
a casa ad ogni fine settimana. Questo titolo di studio gli permise di accedere
all’Accademia Militare e di intraprendere la carriera di ufficiale
dell’Esercito Regio.
Inviato in Africa Orientale in occasione dell’avventura
coloniale italiana in Etiopia, il 5 maggio 1937 venne insignito della Croce al
Merito di Guerra con decreto ministeriale firmato da Benito Mussolini,
all’epoca anche a capo del dicastero. Nello stesso anno il primo episodio
bellico che lo vede protagonista. In Etiopia, entrata da poco a far parte
dell’Impero italiano ma non completamente conquistata, bande di forze ribelli
contrastavano la presenza territoriale italiana. Presso il villaggio di Rob
Gheveà nella provincia del Goggiam, il 7 dicembre, le truppe italiane si
scontrarono con i ribelli abissini preponderanti per numero e fu un
combattimento cruento dove le perdite italiane furono notevoli (tant’è che
alcuni storici militari l’hanno definita la “Little Big Horn” italiana, in
ricordo del massacro dei soldati del Generale Custer da parte dei Sioux). Gran
parte degli ascari, assoldati a supporto dei militari italiani, fuggirono di
fronte ai partigiani etiopici. Sul campo caddero molti soldati italiani tra cui
nove ufficiali[1] ed
altri vennero fatti prigionieri e in seguito trucidati. Vitantonio, tenente di
complemento del 36° Battaglione Coloniale, nel ripiegamento delle nostre truppe
venne ferito ma continuò a combattere incitando i suoi uomini a tenere
tenacemente ferma la loro posizione. Per questo motivo, con Regio Decreto del
19 febbraio 1940, venne insignito della Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Rientrato in patria per la convalescenza in seguito alle ferite subite,
raccontò delle sue vicende africane, arricchite da numerose foto, una passione
che coltivò anche durante l’esperienza coloniale. Appena ristabilitosi rientrò
nei ranghi della fanteria e venne nuovamente inviato in Africa Orientale.
Come
Comandante della 4^ Compagnia del 97° Battaglione Coloniale si trovò a subire i
rovesci dell’esercito italiano nelle lontane colonie africane, stavolta ad
opera delle truppe inglesi e che partirono proprio dalla disfatta di Cheren. In
occasione di questa terribile battaglia iniziata il 2 febbraio 1941, il suo
Battaglione, assieme a due compagnie del III Btg. Bersaglieri, intervenne a
sostegno dell’11 Rgt. Granatieri di Savoia e tenne testa agli inglesi in
cruenti corpo a corpo. In uno di essi, alla testa del suo reparto, attaccò una
munita posizione nemica sul Monte Sachit (detto “Nido d’aquila”) e venne
colpito mortalmente mentre incitava i suoi uomini ad avanzare strenuamente. Non
aveva compiuto nemmeno trent’anni, era il 6 febbraio 1941. A Cheren gli
italiani riuscirono a resistere eroicamente fino al 27 marzo quando cedettero
alla superiorità di uomini e mezzi da parte dei soldati di Sua Maestà. Iniziò
così lo sgretolamento del giovane impero italiano. La salma del Tenente
Notarnicola venne tumulata presso il Cimitero Militare di Cheren, posto 262.
Successivamente la salma venne trasferita presso il nostro cimitero. Con Decreto
del 13 dicembre 1948 al Tenente Vitantonio Notarnicola venne conferita, alla
memoria, anche la Medaglia di Bronzo al valor militare. Memoria che riaffiora
ancora oggi a distanza di 70 anni. Un doveroso ringraziamento lo si deve ai
familiari del Tenente Notarnicola, prof. Pasquale Lerede e prof.ssa Liliana
Carucci, ed alla prof.ssa Rosanna Palmisano che ci hanno permesso di ottenere
alcune importanti fonti biografiche e fotografiche e all’amico Gabriele
Zorzetto per i resoconti delle vicende belliche.
[1] A Rob Gheveà non caddero 9 ufficiali, ma
ben 16: 9 furono solo quelli del 36°; altri 7 ne morirono del 6° arabo-somalo,
mentre altri due, creduti morti (uno venne anche citato su una lapide ai
caduti, a Bologna), furono invece presi prigionieri e sopravvissero, anche
se in pessime condizioni.
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